
Il cambiamento climatico è un problema anche per le piante medicinali
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Mentre i disastrosi impatti del cambiamento climatico sulla produzione di cibo e sul suo approvvigionamento sono studiati ed evocati per dirigere le politiche internazionali verso un contenimento delle emissioni di anidride carbonica, si trascura l’impatto che si avrà anche sulle piante a uso medicinale.
L’argomento è però altrettanto importante se si considera che molte specie vegetali sono ancora oggi la fonte di molecole usate nella pratica medica, ad esempio alcuni chemioterapici, e che nelle popolazioni che non hanno accesso ai farmaci di sintesi il ricorso alla medicina tradizionale è l’unica possibilità di cura.
A queste vanno aggiunte le specie usate nella pratica erboristica che permettono di ottenere benefici per disturbi di lieve entità.
Eppure, le evidenze sull’azione del cambiamento climatico sulle specie vegetali sono discusse e, per quanto riguarda le piante medicinali, l’impatto si può teorizzare a diversi livelli.
In primo luogo, il cambiamento climatico sta avvenendo con una velocità che non è compensata dall’adattamento delle specie. Questo comporta che l’aumento delle temperature della Terra causerà la perdita di specie e di biodiversità e quindi di risorse.
Questa perdita ha ovviamente un impatto economico sulle società agricole impegnate nella coltivazione e vendita di materie prime vegetali. La conseguenza sarà il progressivo impoverimento e abbandono delle coltivazioni con una sempre maggiore scarsità di prodotto disponibile per le industrie, ma anche con la perdita della cultura e delle conoscenze delle popolazioni da sempre dedite alla coltivazione di specie usate da loro stesse come farmaci.
La presenza di eventi meteorici inaspettati, la variazione della piovosità delle stagioni, la siccità protratta e le gelate improvvise e impreviste sono poi fattori che mettono a rischio le coltivazioni. Gli agricoltori lamentano l’anticipazione dei periodi di fioritura o di fruttificazione che non sono più prevedibili; inoltre, queste mutate condizioni alterano la sincronia indispensabile fra vita delle piante e insetti, causando scarsità di impollinatori e interferendo con i meccanismi naturali che permettono di preservare i raccolti. È sempre più presente, infatti, il problema delle piante infestanti che sembrano adattarsi meglio ai cambiamenti climatici ma anche la persistenza di insetti che non hanno antagonisti e che possono danneggiare le coltivazioni.
Le variate condizioni di umidità inducono poi lo sviluppo di specie fungine o le infestazioni delle coltivazioni che possono sviluppare anche sostanze tossiche che rendono inservibili i raccolti. Questo determina il ricorso a un maggior numero di disinfestanti e fitofarmaci nella coltivazione.
Si aggiunge poi la desertificazione e il cambiamento della condizione di soleggiamento e temperatura. Alcune piante alpine non riescono ad adattarsi al cambiamento e altre sono costrette a spostarsi ad altitudini maggiori per trovare le condizioni ideali ma che possono far variare anche notevolmente il tenore di principi attivi della pianta e la composizione del fitocomplesso.
I fitochimici che vengono sfruttati nella pratica medica sono infatti i metaboliti secondari della pianta.
Questi sono una forma di difesa vegetale verso gli stress ambientali ma, alterate condizione di stress possono causare la variazione della composizione di questi metaboliti.
In alcuni casi, in presenza di condizioni siccitose, i metaboliti si possono accumulare anche a livelli tossici che non consente l’uso della pianta, in altri, le stagioni troppo piovose a ridosso della raccolta possano causare diminuzione dei principi attivi contenuti nei rizomi o nelle radici.
Studiando come l’aumento di CO2 atmosferico influisce sulla crescita, apparentemente si ha un aumento dello sviluppo delle foglie e una maggiore resistenza della pianta. Tuttavia, una prolungata esposizione a concentrazioni elevate di anidride carbonica può invece esaurire l’efficienza dell’apparato fotosintetico – efficienza, in vero, già scarsa – danneggiando le capacità di crescita delle piante e causando il fenomeno conosciuto come acclimatazione fotosintetica.
L’aumento della temperatura influisce invece sull’efficacia degli enzimi, alcuni dei quali sono inattivati dal troppo calore. È necessario inoltre valutare tutti i parametri individuati insieme poiché ciò che individualmente potrebbe dirsi vantaggioso, nell’economia dell’intera pianta può determinare un complessivo svantaggio.
Di conseguenza, sebbene gli effetti del calore sulla fotosintesi, sulla respirazione e sulla fotorespirazione possano essere esaminate individualmente, è probabile che le molteplici ripercussioni dell’aumento delle temperature su altre attività metaboliche cellulari abbiano un feedback sul metabolismo del carbonio in molti modi inaccettabili.
Fra questi, come detto, l’alterazione della quantità e della qualità dei fitocostituenti portando a prodotti di bassa qualità. Un esempio già oggetto di studio è il cambiamento nella composizione di oli volatili da parte delle piante aromatiche e del contenuto di catechine nella pianta del tè.
È evidente che è necessario intensificare gli studi per offrire pratiche agricole e selezionare specie che siano più resistenti ai cambiamenti ma che possano preservare la qualità dei prodotti. Da essi dipende infatti non solo l’economia di sussistenza di circa un miliardo di persone, ma anche la possibilità di cura.
Riferimento:Patni, Babita, and Malini Bhattacharyya. “Alarming influence of climate change and compromising quality of medicinal plants.” Plant Physiology Reports (2021): 1-10.