
L’utilità della lattoferrina nel trattamento delle infezioni respiratorie
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La lattoferrina è ormai ben conosciuta per l’attività che svolge nel sistema immunitario, permettendo una difesa primaria e aspecifica verso agenti esterni e modulando la risposta specifica contro i microrganismi patogeni.
Una metanalisi apparsa sulle pagine di Clinical Nutrition ESPEN ha però posto particolare attenzione alla sua azione nelle infezioni respiratorie per identificare una correlazione positiva fra la somministrazione di lattoferrina nei pazienti e l’andamento della patologia. L’analisi delle pubblicazioni disponibili ha preso in esame sono gli studi clinici randomizzati controllati, in modo da poter trarre delle conclusioni solide per offrire una base a nuovi studi clinici accurati, in particolar modo per studiare la possibilità di integrare la lattoferrina nella pratica clinica in risposta a SARS-CoV-2.
Gli studi considerati erano svolti su neonati, bambini e popolazione adulta e hanno rivelato che l’uso della lattoferrina permette di avere una probabilità significativamente ridotta di sviluppare infezioni respiratorie o di soffrire le complicanze dopo intubazione nei soggetti trattati.
Le evidenze indicano la possibilità quindi di un uso preventivo per ridurre le infezioni respiratorie o attenuare le loro conseguenze.
I risultati ottenuti si spiegano in diverso modo. Da una parte c’è la riconosciuta capacità della lattoferrina di agire come antibatterico e antivirale grazie alla capacità di legarsi e danneggiare i microrganismi, dall’altra le sue attività di stimolo del sistema immunitario e di intervento contro la produzione dei mediatori dell’infiammazione che può interferire con la tempesta di citochine, l’attivazione non regolata del sistema immunitario che è anche causa delle conseguenze più gravi e persistenti della COVID-19.
Negli studi esaminati, il confronto con il placebo mostra che vi è una correlazione evidente fra l’integrazione con lattoferrina e una minore incidenze di malattie respiratorie nel neonato prematuro e nei bambini sotto i dodici mesi di età; correlazione che si è ritrovata anche nei soggetti adulti e anziani, senza invece effetti avversi notabili.
L’integrazione di lattoferrina appare così avere un ruolo nella gestione dei sintomi e nel recupero dei pazienti con infezioni del tratto respiratorio superiore e inferiore, ma anche di poter essere usata nel prevenirle nelle popolazioni più fragili e vulnerabili. Anche nelle infezioni nocosomiali e nelle polmoniti associate all’uso dei ventilatori ha mostrato un’azione significativa rispetto al placebo. Questa ultima evenienza è particolarmente interessante proprio per i pazienti più gravi affetti da COVID-19 e costretti all’intubazione.
Il trattamento integrativo con lattoferrina potrebbe quindi essere promettente nella prevenzione e nel trattamento di COVID-19 come terapia aggiuntiva, perché la molecola potrebbe essere utile nell’inibire l’infezione ma anche rispondere all’infiammazione provocata dal virus.
Come gli stessi autori della metanalisi suggeriscono, e come diversi gruppi di studio nel mondo stanno già facendo, l’avvio di studi clinici sull’attività della molecola contro SARS-CoV-2 e i suoi effetti sono quindi necessari per offrire risposte risolutive sull’utilità della lattoferrina nell’emergenza pandemica e per la possibilità di intervenire sulle conseguenze a lungo termine dell’infezione.
La lattoferrina ha già dato prova, infatti, della sua efficacia antivirale anche contro alcuni corona virus, ha azione antifungina e antibatterica diretta e indiretta, sottrae il ferro al metabolismo dei microrganismi bloccando la proliferazione delle popolazioni batteriche.
Negli anni si sono poi accumulate le evidenze sulla sua funzione nutraceutica diffusa come coadiuvante dell’attività immunitaria e antinfiammatorio capace di intervenire in vari punti delle vie di produzione delle citochine, regolando la risposta dei leucociti e delle cellule dendritiche, promovendo l’attività delle cellule natural killer, migliorando la fagocitosi, diminuendo l’espressione di IL-6, TNF-α e intervenendo nell’attività della ferritina.
La portata delle evidenze ottenute non va solo valutata alla luce del momento storico che stiamo vivendo, ma in prospettiva sia per le possibili minacce future sia per far fronte alle infezioni respiratorie che costituiscono la sesta causa di morte mondiale tra tutte le fasce d’età e la causa più comune di mortalità dei bambini al di sotto dei cinque anni, e possono essere associate a svariati fattori il cui controllo non è sempre possibile.